Home SignIn/Join Blogs Forums Market Messages Contact Us

Papa Leone XIV, Tajani: «Una Chiesa che rassicuri. Il mondo deve ascoltarlo: troppi focolai di guerra»

14 ore fa 1
ARTICLE AD BOX

Antonio Tajani il cristiano si ferma subito all’essenziale. Papa Leone XIV, affacciato sul mondo dalla Loggia dei Santi, «ha parlato di Dio, ha pregato, c’è un ritorno allo spirito che da credente mi ha impressionato». Tajani il ministro degli Esteri è invece colpito dal richiamo insistente alla pace, «disarmata e disarmante», nel solco di Francesco. «Il mondo è disseminato di guerre fra cristiani, devono fermarsi, speriamo che ascoltino questo papa». È appena uscito dal Quirinale il vicepremier, si è commosso, racconta al Messaggero, quando la fumata bianca ha fatto capolino sul cielo sopra il Colle. Nei minuti in cui le più alte cariche dello Stato parlano di difesa, armi, sicurezza, l’habemus papam da piazza San Pietro ferma il tempo.

Ministro, come è andata dentro quella stanza?

«Ci siamo fermati appena ricevuta la notizia, guardati negli occhi. In fondo siamo cristiani, Mattarella, Meloni, io, abbiamo visto il papa affacciarsi dalla Loggia davanti a uno schermo. Mi sono commosso».

Che Chiesa sarà quella di Leone XIV?

«A sentire le sue prime parole una Chiesa di tutti, affacciata sul mondo e sulle tante guerre che lo affliggono. Spesso guerre fra cristiani. È un mondo spaventato, manca fiducia, c’è bisogno di una Chiesa rassicurante».

Il primo papa americano. Magari Trump torna a Roma..

«Se vorrà, sarà il benvenuto».

Un papa occidentale, in fondo.

«Questo è importante. Ma sono sicuro che Prevost sarà un papa universale, cattolico come è la Chiesa dalla sua fondazione. Mi rende felice che sia stato vescovo di Chiclayo, città peruviana a cui sono molto legato».

Perché?

«Mi porto dentro quella città. Sono stato a trovare i ragazzi della Comunità in dialogo, impegnati nella lotta contro le dipendenze come la comunità di Trivigliano che seguo da vicino con padre Vincenzo Tagliaferri. Ricordo la gente in Perù parlare con enorme affetto del loro vescovo Prevost».

Cosa l’ha colpita di papa Leone?

«Il nome, anzitutto. Leone XIII è il papa che si è tenacemente battuto per la pace durante la Prima guerra mondiale. Viviamo in un mondo impaurito, ferito da guerre dall’esito incerto - per ultimo dalle tensioni fra India e Pakistan nei giorni scorsi - serve ora più che mai un papa saldo, un’àncora di salvezza, capace di parlare a tutti. E c’è altro».

Cosa?

«La scelta di parlare di Dio, di Gesù, della Madonna e del vangelo. Un discorso profondamente spirituale. E quella veste addosso, nel solco della tradizione petrina...».

Torniamo a quell’appello alla pace. La Chiesa che ruolo può giocare?

«Un ruolo grandissimo, la Chiesa ha sempre lavorato per la pace, dalle guerre mondiali ai tanti conflitti dove la sua mediazione è stata decisiva, come in Mozambico. Spero che i leader del mondo ascoltino il discorso di Prevost a San Pietro. Dio è pace».

L’Ucraina, Gaza, è difficile sperare di questi tempi.

«Invece si può, si deve. E la Chiesa può fare la differenza. Penso alla faticosa trattativa per riportare a casa i bambini ucraini rapiti in Russia, all’attenzione di Francesco per i civili di Gaza».

La diplomazia di Francesco è stata spesso criticata. Per la ritrosia a prendere parte nel conflitto ucraino, per le dure prese di posizione nella guerra fra Israele e Hamas.

«Una critica ingenerosa. Ricordo Francesco esporre la bandiera ucraina, la sua condanna degli attacchi il 7 ottobre, la vicinanza continua ai civili di Gaza».

Ora tocca a un missionario.

«Un portatore della fede nel mondo, questo è un aspetto fondamentale. I missionari sono artefici di una diplomazia della solidarietà di cui c’è un disperato bisogno. Per questo ho dedicata loro una sessione apposita del G7 di Pescara.

Etica, bioetica, diritti civili. Su questi fronti Prevost potrebbe non essere in piena continuità con Francesco. Spera sia così?

«Date a Cesare quel che è di Cesare. Io sono per la difesa della vita in tutti i sensi, da cristiano. Ma le leggi di uno Stato laico sono e restano separate dalla dottrina della Chiesa».

A quali papi è stato più legato?

«Ne ho visti tanti alternarsi. Sono nato con Pio XIII, ha segnato la mia infanzia, un papa ieratico. Giovanni Paolo II era un santo, Ratzinger un maestro della fede, ognuno ha avuto il suo merito. Vedo una continuità, questo sì, negli sforzi di questi papi per la pace, da Pio XII di cui ricordiamo la foto con la veste insanguinata a San Lorenzo, dopo i bombardamenti su Roma, a Francesco. Sono sicuro che papa Leone XIV seguirà quelle tracce».

Chiudiamo su Roma, tornata in questi mesi capitale della diplomazia e della Chiesa mondiale.

«È così e non solo per quello che è successo in Vaticano. Penso all’incontro fra Iran e Stati Uniti ospitato dalla Capitale, a una città che si riscopre il cuore pulsante del cristianesimo. Nessun leader al mondo ha la forza di attrazione di un papa quando si affaccia dalla loggia di Piazza San Pietro. Roma si è dimostrata all’altezza di questo compito e faremo sì che lo sia anche in futuro con la riforma istituzionale che dà alla Capitale il peso che merita»

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi tutto l articolo