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Leone XIV, come cambia la Chiesa? Migranti, dialogo e donne: quel legame con Bergoglio

15 ore fa 1
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Non sarà una Chiesa in discontinuità con quella di Papa Francesco, perlomeno su tutto il tema dei migranti, del dialogo e della pace. E allo stesso tempo, sarà una Chiesa in discontinuità, perché Leone XIV – questo il nome che ha scelto il 266esimo successore di Pietro – ha mostrato sin dall’inizio la pasta del suo pontificato. Con la scelta del nome, mai usato da più di un secolo, alla scelta di vestire con la mozzetta rossa, ritornando ai simboli della Chiesa e prendendo con chiarezza la scelta istituzionale.

Leone XIV è il Papa chiamato a connettere tre mondi: il mondo nordamericano, da cui lui, nativo di Chicago, proviene; il mondo sudamericano, che lui conosce bene, essendo stato vescovo missionario a Chiclayo in Perù; e il mondo europeo, che ha vissuto quando è stato generale degli Agostiniani.

Questo “scontro di civiltà” all’interno della Chiesa era esploso soprattutto con il pontificato di Papa Francesco, dodici anni in cui la visione sudamericana, pragmatica nella dottrina, era diventata preponderante, e dove i temi sociali erano stati la chiave per leggere tutto il pontificato. Questo aveva creato una divisione tra il mondo occidentale, legato ai suoi simboli, alla sua storia, alle sue tradizioni, al suo linguaggio; il mondo sudamericano, ansioso di prendersi il suo posto nella storia; e il mondo nordamericano, che invece non poteva sentirsi in sintonia quando veniva messo in discussione.

Leone XIV sarà chiamato a rimettere equilibrio tra queste tre anime. Lo farà guardando al cuore della Dottrina Sociale della Chiesa, a quel Leone XIII cui si è ispirato prendendo il nome che non solo aveva parlato di un ordine sociale giusto, ma aveva anche guardato alla natura dello Stato, al suo rapporto della Chiesa, alla necessità di un ordine sociale giusto, con grande enfasi sul tema della libertà religiosa. E saranno queste, probabilmente, le linee guida della diplomazia della Chiesa sotto Leone XIV, forse ancora guidata dal Cardinale Pietro Parolin, che ha marcato già tre generazioni diplomatiche della Chiesa con incredibile continuità.

Ma sarà anche una Chiesa che ritornerà con forza alle istituzioni. La mozzetta (la mantellina rossa) che Papa Francesco aveva rifiutato e che Leone XIV ha indossato da subito racconta di come questo Papa non sia semplicemente un Papa nordamericano. È soprattutto un Papa occidentale, consapevole dell’importanza dei segni, e che non ha timore di marcare una discontinuità. Forse ci si può aspettare che torni anche ad abitare nel Palazzo Apostolico, ricucendo il cordone ombelicale con la città di Roma che Papa Francesco aveva un po’ lacerato andando a vivere a Santa Marta, lontano dallo sguardo delle persone.

Il ritorno della Chiesa istituzione significa il ritorno di una Chiesa che è, sì, missionaria, ma che guarda anche con amore ai suoi membri, e che cerca di rafforzarne la fede. È indicativo il fatto che Leone XIV abbia fatto riferimento subito alla Vergine di Pompei – ieri era il giorno della supplica – mostrando di non trascurare la devozione popolare. E questo è importantissimo, per un popolo di Dio che vuole segni, ma vuole anche pregare, in una situazione di grande crisi personale.

Leone XIV è conosciuto come un lavoratore indefesso, che studia con cura i dossier. Insomma, un manager con un approccio pragmatico. E anche di questo c’è bisogno oggi. Papa Francesco ha portato la struttura della Chiesa in una riforma che è stata come uno “stress test”, e ora c’è bisogno di normalità, di rimettere a posto i pezzi di legge canonica persi per strada nelle riforme della Chiesa ospedale da campo, di dare una nuova forma all’istituzione.

Non ci saranno passi indietro, probabilmente, sul tema dei ruoli di maggiore inclusività della donne, ci sarà un anticipo di simpatia per le questioni pastorali, anche sulla pastorale per le persone omosessuali, ma non ci saranno cedimenti sui grandi temi della famiglia e della vita.

Molti considerano Leone XIV un Papa bergogliano. Tuttavia, il suo approccio potrebbe sorprendere, specialmente quanti negli Stati Uniti vedono con terrore l’arrivo di un Papa liberale.

Il Cardinale Prevost, in fondo, aveva ripostato su X le critiche a JD Vance e alla sua visione dell’ordo amoris che avevano suscitato anche una inusuale lettera del Papa ai vescovi degli Stati Uniti. Non è, insomma, un Papa trumpiano, per quanto Trump esulti per la sua elezione. E forse, nella scelta dei cardinali, è contato anche l’approccio geopolitico, anche la necessità di andare a contrastare, parlando la stessa lingua, l’insorgenza dei nazionalismi. Non sarà un Papa della cultura woke, ma non sarà un Papa che lascerà passare il trumpismo in ogni modo e da ogni direzione.

Quando era cardinale, Prevost era considerato poco carismatico, quasi timido nell’approccio. Questo, però, non deve ingannare. A volte, è il ruolo che fa la persona, e non viceversa. E Leone XIV ha dimostrato anche un insospettabile calore, oltre che la commozione di un ruolo che forse è già molto grande per lui.

Comunque, il programma di governo di Leone XIV è stato già molto chiaro nel suo primo discorso, con la parola “dialogo” che è risuonata tre volte. Il dialogo interno alla Chiesa, ma anche il dialogo con le altre fedi e con il mondo. Non si tornerà indietro, sulla Dichiarazione della Fraternità Umana. E continueranno i viaggi ecumenici, forse confermando anche quello a Nicea che Papa Francesco avrebbe tanto voluto fare.

Oggi ci sarà la Missa Pro Ecclesia, e lì si comincerà a vedere di più il suo cosiddetto “programma di governo”. La sua sarà una Chiesa missionaria e istituzionale. Una Chiesa dell’ordine interno e una Chiesa che va verso i lontani. Una Chiesa di sintesi, viene da dire, che deve rispondere alla richiesta di dare una nuova unità tra i cattolici. Alcuni potrebbero dire che sarà la Chiesa di “un colpo al cerchio e uno alla botte”. Potrebbe anche essere. Ma non sarà necessariamente male.

A 69 anni, Leone XIV ha comunque davanti a sé abbastanza anni per poter ridefinire il volto della Chiesa e dare nuova forma alle priorità. Riuscirà, comunque, soprattutto se ripartirà dall’annuncio del Vangelo, come ha dimostrato di voler fare nel suo primo discorso da Papa.

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